Gigio si lamentò delle pressioni, ma un mese prima della firma. La crisi di settembre solo per la clausola. E l'idea di riunire il portiere al fratello Antonio (con 1 milione di ingaggio annuo) fu di...
Carlo Laudisa, sulla Gazzetta di
oggi, ricostruisce la querelle Donnarumma attraverso lettere,
dichiarazioni, raccomandate, post social, impegni e clausole dei
protagonisti: il portiere e i suoi legali, Raiola, Mirabelli, Fassone.
Insomma, un caso intricatissimo. Intanto, così scrive Laudisa, Gigio ha
detto il vero quando via social afferma: "Non ho mai detto né scritto di
aver subito violenza morale quando ho firmato il contratto". Il
diciottenne milionario (6 milioni l'anno) ha firmato il rinnovo con il
Milan l’11 luglio scorso, mentre la raccomandata dei suoi legali che
lamentava l’atteggiamento "vessatorio del club" risaliva a un mese
prima, 14 giugno: quando le polemiche sovrastavano il dialogo con la
società per il prolungamento. La richiesta di risoluzione invece è di
fine settembre ed è legata al mancato deposito della doppia clausola (da
40 milioni senza coppe e da 70 con la Champions).
La ricostruzione —
Verso la fine dello scorso campionato, in un'atmosfera che si faceva
sempre più tesa per via dei tifosi che contestavano Gigio (anche col
lancio in campo degli ormai famosi "dollarum"), la famiglia Donnarumma
incaricò l’avvocato Vittorio Rigo di contestare al club la
responsabilità di quella situazione, veniva esposta "la prostrazione
psicologica di Donnarumma, che non poteva non avere una ricaduta sulla
sua salute e personalità morale". Concetti poi esposti in prima persona
da Mino Raiola poco prima di comunicare la decisione d’interrompere la
trattativa, chiedendo di tutelare la serenità del suo assistito. In
realtà, nelle settimane successive la famiglia maturò l’idea (lanciata
da Mirabelli) di riunire Gigio al fratello Antonio (con 1 milione di
ingaggio annuo). Così il 6 luglio Raiola e Fassone si stringono la mano
per l’atteso accordo.
La clausola —
Sulla parola venne anche definita la doppia clausola (40 e 70) che,
però, non vide la luce in contemporanea con la firma del contratto. Le
parti si lasciarono con l’impegno di risolvere la questione in breve
tempo. Ma non fu così. A fine settembre quindi l’avvocato Vittorio Rigo
torna a scrivere e stavolta chiede "di depositare entro 10 giorni"
quell’accordo con la minaccia di chiedere la risoluzione del contratto.
In realtà non accade nulla. Poi, la querelle diventa di dominio
pubblico e il relativo polverone fa alzare di nuovo la temperatura.
Eppure Raiola e Fassone stanno cercando una strada per trovare una
soluzione.
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